La Corporate Sustainability Due Diligence Directive (CSDD), la direttiva volta a prevenire e mitigare gli impatti delle aziende lungo la catena di fornitura, fa un altro importante passo avanti con il voto a favore del Parlamento Europeo, il 1° giugno scorso. La Direttiva, presentata dalla Commissione Europea il 23 febbraio, introduce il concetto di responsabilità delle imprese in materia di sostenibilità e violazioni dei diritti umani e dell’ambiente lungo la catena di fornitura.
Sono interessate le aziende con più di 250 dipendenti e un fatturato superiore a 40 milioni di euro in Europa e a 150 milioni di euro nel mondo, chiamate a prevenire, identificare e mitigare gli impatti negativi sulla catena del valore delle loro attività, con particolare riferimento, appunto, a diritti umani e ambiente.
Gli aspetti da tenere sotto controllo
Il Parlamento ha stabilito gli aspetti che le aziende dovranno monitorare attentamente, tra cui il cambiamento climatico, la perdita di biodiversità, l’inquinamento dell’aria, dell’acqua e del suolo, il degrado degli ecosistemi terrestri, marini e d’acqua dolce, il disboscamento, il consumo eccessivo di acqua, energia e risorse naturali in genere, nonché la produzione e la gestione inadeguata dei rifiuti, sostanze pericolose comprese.
Per quanto riguarda il clima, più in particolare, la direttiva impone alle aziende di adottare impegni e piani di transizione coerenti con l’obiettivo sancito dall’Accordo di Parigi di mantenere l’aumento della temperatura al di sotto di 1,5 gradi Celsius.
La direttiva CSDD è stata approvata con 366 voti a favore e 225 contrari. È stato apportato un emendamento all’articolo 26 riguardante l’obbligo e la responsabilità dei consigli di amministrazione di stabilire e supervisionare i piani per attuare le azioni necessarie a conformarsi agli obblighi normativi. Confermato invece l’articolo che stabilisce che i dirigenti delle società con più di 1.000 dipendenti siano responsabili dei controlli di Due Diligence e che una parte della loro retribuzione variabile sia legata ai piani di transizione climatica dell’azienda.



I prossimi step
Nei prossimi mesi si terranno confronti con gli Stati membri per raggiungere un accordo sul testo definitivo della direttiva CSDD. Questa fase coinvolge le istituzioni comunitarie, che devono raggiungere una posizione comune prima delle prossime elezioni europee in programma dal 6 al 9 giugno 2024. Una volta raggiunto l’accordo, spetterà agli Stati membri introdurre le nuove norme nei rispettivi ordinamenti nazionali.
Uno dei punti di discussione più accesi riguarda l’inclusione delle istituzioni finanziarie nell’ambito di applicazione della nuova normativa. Secondo la bozza approvata dai deputati europei, le regole di Due Diligence dovrebbero applicarsi anche al settore finanziario, in particolare agli asset manager e agli investitori istituzionali, mentre sarebbero esclusi i fondi pensione, i fondi di investimento alternativi, gli operatori di mercato e le agenzie di rating del credito. Tuttavia, questa soluzione di compromesso non soddisfa alcune ONG, poiché la responsabilità sarebbe limitata solo ai clienti diretti. Al contrario, l’accordo raggiunto dai ministri europei su impulso soprattutto della Francia aveva escluso le istituzioni finanziarie, lasciando loro la facoltà di aderire o meno alla Due Diligence.
Un altro punto critico della CSDD riguarda la responsabilità legale dei vertici aziendali. Gli Stati membri dovranno definire un’autorità di vigilanza responsabile di monitorare il rispetto delle normative e di applicare sanzioni in caso di violazioni. Le sanzioni previste includono multe pari almeno al 5% del fatturato netto globale dell’azienda inadempiente, la pubblicazione dei nomi dei trasgressori, il ritiro dal mercato dei prodotti aziendali e l’esclusione dagli appalti pubblici dell’Unione Europea. L’onere della prova del danno spetterà al ricorrente.
Il ruolo-chiave della filiera produttiva
Francesca Rulli individua nell’approvazione della CSDD una conferma dei principi che caratterizzano da sempre il framework 4sustainability e l’approccio di Process Factory alla consulenza. “La chiave per convertire la produzione da convenzionale o sostenibile – sottolinea – è nei processi e quindi nella filiera produttiva. Il voto recente del Parlamento Europeo consolida un’impostazione ormai chiara del legislatore, che stabilisce la necessità per le imprese di indirizzare le proprie scelte strategiche e operative alla trasparenza e alla misurazione degli impatti. Abbiamo adottato queste stesse logiche con largo anticipo sulle attuali tendenze… Un tempo che ci ha consentito di strutturare soluzioni a supporto della filiera fondate, oltre che su attività di consulenza e training, su una piattaforma digitale per la raccolta e la condivisione dei dati di performance (Ympact). E i dati, è evidente, sono ciò che rende possibile la misurazione degli impatti e la trasparenza di filiera evocate dalla CSDD”.
I temi sul tavolo del legislatore altro non sono che i pillar 4sustainability: gestione dei rifiuti, emissioni in atmosfera, uso delle sostanze chimiche, consumi di acqua ed energia… Le aziende che attivano le iniziative del framework si impegnano su questi obiettivi, utilizzando la piattaforma Ympact per registrare le informazioni, dimostrare gli avanzamenti e collegarsi agli altri attori del sistema.
Una nota importante sul concetto di dati. “Contano i dati primari”, precisa Francesca Rulli. “Non affermazioni generiche basate su ipotesi e/o simulazioni, ma dati reali garantiti da metodologie e tecnologie strutturate”.
