L’eccellenza della filiera moda indica nell’aggregazione la chiave del cambiamento.
Più di trecento professionisti del sistema moda si sono ritrovati il 9 giugno a Firenze. Una platea variegata, composta da rappresentanti dei brand – Armani, Burberry, Brunello Cucinelli, Dainese, Ferragamo, Hugo Boss, Kering, Luisa Spagnoli, LVMH, Max Mara, Miroglio, Prada, Stella McCartney, Theory, Thom Browne, Valentino e Yamamay, fra gli altri – ed eccellenze della filiera come Achille Pinto, Cotonificio Albini, Eurojersey, Fratelli Piacenza, Gruppo Florence, Loro Piana, Manteco, Minerva Hub, Ratti, Successori Reda, Zegna Baruffa…
L’appuntamento che ha chiamato a raccolta un parterre così ampio e qualificato è l’Evento Annuale 4sustainability, il sistema e marchio che garantisce la sostenibilità delle filiere del fashion & luxury. Un framework adottato già da circa 200 realtà tra brand e imprese della filiera.
Il format dell’evento, che ha combinato momenti in plenaria con tavoli paralleli di lavoro dedicati alle iniziative fondamentali della moda sostenibile, ha fornito spunti interessanti sulle modalità di coinvolgimento di filiere oggi molto frammentate, sulla crescita delle competenze di sostenibilità, sulla capacità delle aziende di investire e innovare, di attrarre talenti, di misurare l’impatto e allinearsi ai metodi di coalizioni globali come ZDHC per la chimica sostenibile, fra le altre.
L’intervento di apertura di Francesca Rulli, CEO e Founder di Process Factory ha posto l’accento sulle spinte normative che concorrono a porre la sostenibilità in cima alla lista delle priorità degli operatori moda: la direttiva europea sulla due diligence, il pacchetto sempre dell’UE sull’economia circolare, il Fashion Act dello Stato di New York, le misure sul reporting di sostenibilità. Nonostante una sensibilità crescente anche da parte dei consumatori, la transizione sostenibile incontra però alcuni ostacoli non facili da superare. La supply chain è lunga, frammentata e disseminata tra i vari continenti… Valutare il suo impatto è quindi un compito economicamente oneroso, reso ancora più arduo dall’esistenza di tanti standard, metodi e sistemi di valutazione diversi tra loro e difficilmente comparabili.



Su questo si sono confrontati i protagonisti dei tre tavoli di lavoro previsti nell’agenda dell’Evento, con focus su altrettanti questioni centrali per un cambiamento virtuoso del sistema.
- Business e circolarità: qual è l’impatto della chimica?
Costanza Brachi, Operations Director Brachi Testing Services
Elisa Gavazza, Southern Europe Director ZDHC
Alberto Enoch, Presidente Consorzio Promozione Filati
Matteo Magnani, Ellen MacArthur Foundation
- La tracciabilità fino alla materia prima: come ingaggiare anche il consumatore?
Attila Kiss, CEO Gruppo Florence
Iris Skrami, Co-Founder Renoon
Miran Ali, Vicepresident BGMEA
Liesl Truscott, Corporate Benchmarking Director Textile Exchange
- Prodotto sostenibile: che peso diamo a persone e ambiente?
Francesco Botto Poala, COO Successori Reda
Andrea Crespi, Vicepresidente Sistema Moda Italia
Daniele Massetti, Environmental Sustainability Specialist Hugo Boss
Olga Pirazzi, Project Manager Fondazione Pistoletto

Intervenendo al primo tavolo su circolarità e buona chimica, il presidente di Consorzio Promozione Filati Alberto Enoch ha rivendicato il ruolo attivo svolto dalla filiera nella transizione del sistema verso la sostenibilità. “La produzione della moda parte dai filatori, dalle manifatture, dalle tintorie – ha rimarcato – e la sostenibilità che deve guidare lo sviluppo del sistema moda segue lo stesso percorso. I brand possono chiedere, i più virtuosi possono coinvolgere e motivare i loro fornitori… Ma è la filiera a trainare il cambiamento, a investire in innovazione di prodotto e di processi, a integrare la sostenibilità nella cultura aziendale e produttiva dell’intero comparto”.
A Enoch ha fatto eco Andrea Crespi dal tavolo dedicato alla riduzione degli impatti ambientali e sociali della produzione moda. Pianeta e persone, dunque, come riferimenti su cui costruire le proprie strategie di business per traghettare il sistema verso una sostenibilità compiuta. Come vicepresidente di Sistema Moda Italia, Crespi ha sottolineato la difficoltà e la necessità di misurarsi nell’aggregazione, perché la filiera a monte o fa così o muore. “Ma è altrettanto fondamentale ridistribuire il valore sulla filiera – ha chiarito – perché non si può fare sostenibilità se non si guadagna e se non si valorizzano le persone che rappresentano il patrimonio in assoluto più importante di ogni azienda”.
Di collaborazione ha parlato anche Attila Kiss, alla guida di un’azienda come Gruppo Florence che ha proprio l’ambizione di aggregare le aziende della filiera per metterle nelle condizioni di gestire sfide strategiche come quella per la sostenibilità. “Le ambizioni dei brand di produrre in modo sempre più sostenibile – rileva Kiss – si scontrano con un livello di frammentazione della filiera molto elevata, specie in Italia dove risiede l’eccellenza della produzione del fashion & luxury. Tracciabilità, misurazione dei dati di performance… sono istanze che i brand ribaltano sulla filiera e a cui la filiera può assolvere solo facendo squadra”.
A queste criticità, 4sustainability propone una soluzione tecnologica, oltre che di metodo, attraverso la 4s Platform, presentata in anteprima proprio all’evento del 9 giugno. Si tratta della prima piattaforma digitale già testata sul mercato e progettata da esperti dell’industria della moda, che traccia, misura, verifica, migliora e comunica i dati sugli impatti ambientali e sociali dell’intera filiera produttiva su sei dimensioni, le stesse presidiate dal framework 4s.
- TRACE: tracciabilità dei processi e monitoraggio della filiera.
- MATERIALS: conversione all’uso di materiali a minore impatto per una produzione sostenibile.
- CHEM: eliminazione delle sostanze chimiche tossiche e nocive dai cicli produttivi.
- PEOPLE: crescita del benessere organizzativo.
- PLANET: uso consapevole delle risorse per la riduzione dell’impatto ambientale.
- CYCLE: sviluppo delle pratiche di riuso, riciclo e design sostenibile.
La piattaforma è un ecosistema fondato sulla condivisione dei dati a cui ogni attore può contribuire per dimostrare la riduzione degli impatti. Se per esempio un fornitore ha investito nell’eliminazione di sostanze tossiche e nocive dalle ricette di produzione, ha calcolato il suo impatto in CO2 emessa per le azioni di riduzione, ha contenuto la sua impronta idrica, ha fatto azioni per la formazione e cultura di sostenibilità sulle sue risorse, può registrare nella piattaforma i dati relativi, costruire il suo percorso di miglioramento in piattaforma e dare prova concreta del suo impegno al cliente. Quest’ultimo, d’altra parte, otterrà dati preziosi per calcolare l’impatto ambientale e sociale della sua filiera, potendo così consolidare rapporti di partnership e realizzare produzioni sostenibili.

“L’unicità del metodo – spiega Francesca Rulli – consente alle aziende di investire una sola volta in azioni misurabili di sostenibilità a valore per tanti clienti. Più esattamente, il brand è agevolato nell’ingaggio della propria filiera sulla raccolta dati mirata a ridurre l’impatto della sua produzione; le aziende della filiera sono agevolate nella realizzazione di progetti strutturati per migliorare le proprie performance di sostenibilità da condividere con il brand e gli altri anelli della filiera stessa”.
Un piano ambizioso, dunque, che parte dall’Italia e si propone come standard internazionale. Sviluppata da Process Factory con The ID Factory, che insieme hanno dato vita per questo a YMPACT Società Benefit, la 4s Platform è allineata ai fattori ESG e agli standard GRI, oltre che agli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite e agli obiettivi della Global Fashion Agenda. “La piattaforma digitalizza il complesso processo di raccolta, scambio e comunicazione dei dati di sostenibilità già testato ‘analogicamente’ su circa 200 realtà del mondo moda, con vantaggi evidenti in termini di razionalizzazione, armonizzazione e semplificazione. I dati così raccolti, verificati e gestiti confluiscono nella reportistica di sostenibilità e concorrono al vendor rating di filiera. Non dati presunti, ma dati primari raccolti dai diversi attori della filiera e inseriti in un processo di verifica, perché – conclude Rulli – non esiste prodotto sostenibile senza filiera di produzione sostenibile”.